La curva

Short-story sulla Festa e dintorni
Me ne sto così, in una calda domenica mattina di giugno, seduto a una di queste panchine.


Pensieri vaghi volteggiano come rondini di primavera nella mia testa. Avverto come il desiderio di renderli più concreti: non so sono ai bordi di questo corso alberato e ho la sensazione di avvertire suoni lontani. Provo a chiudere gli occhi, chissà possa calarmi in un sogno o in una piacevole allucinazione. E accade. Sì, la gente, i suoni, i profumi hanno già iniettato i miei pensieri. Ora di vago non c’è nulla. C’è quel Carro, i timonieri, i bambini in un eterno gaudio, la gente che si accalca. Io, unico spettatore di un sogno mattutino, mi godo lo spettacolo. In fondo al viale i volti tesi: tutto è pronto per quella curva. Respiro profondamente per prepararmi a quella manovra. C’è come un qualcosa di erotico in quella curva, una manifestazione di magnificenza temporale. Non ci penso neppure a riaprirli, gli occhi! Vorrei con il tempo, per sempre, così restare… Ecco il Carro si avvia, tra gli applausi scroscianti. Qualcuno porta le mani sulle labbra, come a smorzare una preghiera appena appena accennata. L’asfalto sotto di me trema, la mia panchina è come sotto l’effetto di una vibrazione cosmica, universale. Carro e Universo, ma che sciocchezza mi viene in mente! Ora ho riaperto gli occhi e guardo la strada. Le rondini volteggiano serene nel cielo terso. Ho sognato abbastanza e mi basta. Ora mi incammino verso dove, non so, forse devo verificare se è il Carro e la sua Donna, con i pargoli sono lì, al sicuro. E sorrido come un bambino. E me ne vado seguendo la scia cosmica di quella curva che sa di memoria e d’estate.

Paolo Vallarelli

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