La magia di Sovereto

Gérard, l’ultimo dei Gerosolimitani

“Era arrivato nel primo pomeriggio. Viaggiava alla volta di Gerusalemme ormai da molte settimane. La Francia e Gerbault, la sua cittadina, erano ormai lontane. Gérard era stanco. Scese dal suo cavallo: era di un candore abbacinante che per un attimo gli impedì di aprire gli occhi, ridotti a fessure sottilissime.

Si avvicinò a quella fontana: la stessa che diversi anni prima aveva dissetato centinaia di anime cristiane dirette al Tempio di Salomone. Ora era ritornato, da solo, perché qui aveva conosciuto Sofia. E da allora non l’aveva più rivista. L’Ordine era stato nuovamente cancellato: l’ennesimo editto dell’ennesimo sovrano di Francia aveva sancito la fine a Templari, Cavalieri del Tempio, Gerosolimitani, Ospitalieri e a chiunque indossasse paramenti e simboli e croci e stemmi militari non più riconosciuti. Quel luogo immerso nel verde, posto a crocevia di stradine e viuzze ricurve che portavano su altri sentieri, gli sembrava magico, quasi fosse eretto su mura, colonne, stipiti e terrazze abilmente create da un alchimista piuttosto che da architetti o maestri edili…”

Mi svegliai, di soprassalto. Quel vecchio libro che parlava di Templari e di Crociate cadde rovinosamente… La palla lanciata da un gruppo di ragazzini era finita sulle mie gambe e mi aveva svegliato. Sovereto, per me, ha tutto e non ha niente: quel secolare equilibrio tra l’apparire e il non rappresentare il nulla con quelle poche case e quella piccola chiesa affascina chiunque se ne avvicini per la prima volta. Mi passai la mano sulla fronte sudata. Per un attimo cercai di pensare a quel Gérard, quel cavaliere sognato o forse descritto nel romanzo, ma quella era una pura visione onirica: un sogno breve di un altrettanto breve torpore pomeridiano, generato dal mio inconscio, mentre ero seduto sul sagrato di quella chiesa piccola e secolare… Cercai di recuperare il libro. No, quel Gérard non era citato in quel libro, ma per un attimo volli credere che l’avrei ritrovato tra quelle righe. Mi avvicinai alla macchina. Lanciai l’ennesimo sguardo a quelle case bianche e basse e guardai ancora quelle terrazze e sorrisi, ripetendo sottovoce: “Gérard, Gérard, l’ultimo dei Gerosolimitani…”
Paolo Vallarelli

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34 commenti su “La magia di Sovereto”

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